Libertà di stampa

Borrometi: “Chi dice ‘qui la mafia non esiste’ mi condanna a morte”

Il suo appello ai giornalisti durante la conferenza dell’11 aprile a Roma. “Non sei solo”, gli hanno detto i presidenti FNSI, Ordine e Usigrai annunciando iniziative a Ragusa e Siracusa

“Vi chiedo di venire nella mia terra a replicare questa conferenza di oggi a Roma, per fare comprendere, anche ai nostri colleghi che hanno responsabilità sindacali di quelle province, che la mafia esiste. Se continuano a dire che la mafia non esiste, allora probabilmente sono loro che mi stanno condannando a morte” (leggi anche l’ntervista a Paolo Borrometi: “Non sono un eroe, lo Stato ha vinto ma colleghi omertosi mi condannano a morte”).

È un appello che tuona forte quello che Paolo Borrometi, direttore de La Spia e collaboratore dell’Agi, ha lanciato a tutti i giornalisti presenti in sala al termine dell’affollata conferenza stampa di mercoledì 11 aprile ospitata nella sede romana della Federazione Nazionale della Stampa.

L’incontro era stato organizzato il giorno dopo la ribelazione sulla stampa del piano di morte di alcuni mafiosi di Pachino (Siracusa). Il progetto di ucciderlo era emerso da alcune intercettazioni giudiziarie (leggi).

“Se oggi sono qui è perché lo Stato ha vinto; è riuscito a intercettare in tempo quello che qualcuno voleva accadesse – ha detto Borrometi, ringraziando la magistratura e le forze dell’ordine per il loro lavoro -. Nessuno di noi vuole fare l’eroe; siamo solo giornalisti che vogliono continuare a raccontare. Certo se c’è uno dei più importanti quotidiani online di Ragusa che continua a definire presunto un boss condannato per diversi reati e che dà il nome al clan, allora vuol dire che c’è qualcosa che non va. Oggi con la vostra presenza voglio far comprendere a tutti che non siamo soli” (ascolta l’intervento).

A far sentire la loro vicinanza al giornalista, che vive sotto scorta da quattro anni, c’erano in Federazione i vertici della Fnsi e dell’Ordine nazionale dei giornalisti, dell’Usigrai, i rappresentanti dell’Ordine del Lazio, dell’Associazion Stampa Romana, di Ossigeno per l’informazione, dell’Ucsi, di Articolo21 e di tante altre associazioni e testate. Alla conferenza ha partecipato anche Daniele Piervincenzi, il giornalista che a novembre 2017 a Ostia subì la frattura del setto nasale a causa di una testasta di Roberto Spada, mentre lo intervistava insieme al cameraman per la tramissione Nemo (Rai2) per realizzare un servizio sul successo di Casapound in alcuni quartier di Ostia alle elezioni amministrative (leggi).

Al tavolo dei relatori, insieme a Borrometi, c’erano Elisa Marincola (portavoce di Articolo 21), Giuseppe Giulietti e Raffaele Lorusso (rispettivamente presidente e segretario Fnsi), Carlo Verna (presidente dell’Ordine dei Giornalisti), Vittorio di Trapani (segretario Usigrai).

“Paolo non è solo”, ha detto Giulietti che ha invitato i colleghi a rilanciare le inchieste di Borrometi, sottolinenando l’importanza della scorta mediatica. “Bisogna far capire alle istituzioni che non è un problema soltanto di Paolo. Questo clima altera l’articolo 21 e quindi la Costituzione. Non è soltanto un problema giornalistico”, ha detto sollecitando l’intervento delle istituzioni e della politica. “Vorrei aprissimo la bocca adesso senza dover chiedere scusa il giorno dopo, come è successi in passato”.

Tutti i relatori hanno ringraziato la magistratura e la polizia per l’eccellente lavoro svolto; hanno sottolineato l’importanza delle solidarietà all’interno della categoria e ribadito la necessità di andare oltre, con leggi che tutelino il lavoro e la condizione dei giornalisti.

Il presidente Verna ha annunciato dei cosrsi di formazione per approfondire la conoscenza del dovere della solidarietà dei giornalisti cerso i loro colleghi minacciato o colpiti ingiustamente a causa del loro lavoro.

Pertanto è stato lanciato un appello (sottoscritto anche da Ossigeno) rivolto ai direttori e alle direttrici delle varie testate giornalistiche e televisive affinché nella settimana dal 25 aprile al primo maggio sia  dato maggiore spazio a servizi di informazione sulla mafia e sia posta attenzione alle condizioni di precariato, che indeboliscono ancor di più i giornalisti d’inchiesta (leggi l’appello).

RDM

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