Libertà di stampa

8 maggio. Borrometi, grazie per la solidarietà, ma le parole non bastano

Abolite il carcere e bloccate le querele temerarie, chiede il giornalista sotto scorta da 4 anni. Il pianeta Ragusa e il ricordo di Giovanni Spampinato

“Abolite il carcere per i giornalisti e le querele temerarie. Fate in modo che gli strumenti normativi siano davvero normativi. Questo è l modo migliore per espriimere la solidarietà”: lo ha detto Paolo Borromenti, presidente di Articolo 21, al convegno “Trasparenza e libertà d’informazione”, organizzato da Ossigeno e da Agcom con il patrocinio dell’Unesco e in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti del Lazio. Ormai da quattro anni, Borrometi vive sotto scorta, protetto dai Carabinieri, a causa delle inchieste esclusive che ha condotto e ha pubblicato sul quotidiano online La Spia, di cui è direttore, e le notizie pubblicate dall’agenzia giornalistica AGI. Borromenti ha raccontato quanto sia difficile fare informazione in Sicilia, in un territorio come quello della provincia di Ragusa, in cui molti negano le infiltrazioni mafiose ormai documentate dalla magistratura.

“A Ragusa, nella provincia più ricca della Sicilia, con la maggior percentuale di sportelli bancari, parlare di mafia è molto complesso”, ha detto il giornalista che è originario di quella provincia. “Nei posti in cui si nega la presenza della mafia, di solito le mafie fanno gli affari più lucrosi e avvengono fatti drammatici”, ha aggiunto.  ricordando la figura di Giovanni Spampinato, il giornalista de L’Ora, ucciso a Ragusa nel 1972. Borrometi ha detto di aver deciso di fare giornalismo quando ha conosciuto la storia di Giovanni. “La sua una storia non viene ricordata quasi mai, ma è molto attuale. Giovanni Spampinato fu ferito a morte dai colleghi dall’solamento dei suoi colleghi, che tacevano sulle rivelazioni che pubblciava. A Ragusa, molti ancora non lo conoscono e una parte dice che lui se la sia andata a cercare. In Italia succede proprio questo: la vittima finisce per essere trattata come se fosse un carnefice, mentre si invoca il perdono per il colpevole”.

Borrometi hper ucciderlo a raccontato la sua esperienza di cronista pluri-minacciato. Ha descritto nei dettagli l’ultimo episodio di cui è stato – suo malgrado – protagonista: il piano architettato per ucciderlo, come è emerso da alcune intercettazioni, da alcuni boss di Pachino, per punirlo dopo che la pubblcazione di un’inchiesta giornalistica sulle infiltarzioni nel mercato dei pomodori Pachino, nel quale operava il capomafia del paese, aveva fatto perdere alla criminalità organizzata affari milionari.

RDM


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